A fine 2010 qualcuno ha festeggiato il 50° compleanno dell’olio extra vergine, io no. Di quell’olio, nato con la legge 1407 del 13 novembre 1960 e cresciuto con il reg CE 2568/91 io avrei volentieri celebrato il funerale. Nessuno probabilmente più di me ama l’olio delle olive, ma l’ipocrisia non è il mio forte e sono contento di uscire dal coro dei perbenisti. Il motivo è sotto gli occhi di tutti. Cosa ha portato all’Italia questo cinquantennio ? La fame di nostri coltivatori di olivi e la riduzione delle terre da olio. Come con la legge 1407 di 50 anno fa non si ebbe il coraggio di tagliare corto con i furbi, così oggi non lo si ha il coraggio di ammettere che quelle norme hanno fallito su tutti i fronti. Siamo stati invasi da oliacci rettificati, deodorati, mischiati, tagliati e i produttori italiani, che hanno allevato le nostre 638 cultivar ed hanno prodotto olio sano e buono, oggi dovono competere con oli esteri immessi sul mercato anche a € 1,99 al litro. Questa è la verità e allora che c’è da festeggiare e con chi festeggiare ? Chi è stato a Milano il 2 dicembre 2010 lo sa è non sarò io a farne pubblicità.
GLI ALCHIESTERI
Il 24 gennaio 2011,con il Reg 61/2011, l’UE ha avuto un sussulto di dignità, guarda caso criticato da quelli che hanno festeggiato il compleanno dell’extra vergine, obbligando, d’ora in poi, a ricercare e ad evidenziare il valore di EEAG (Etil Esteri degli Acidi Grassi) e di MEAG (Metil Esteri degli Acidi Grassi), notoriamente “indici di deodorazione”. Queste sostanze, presenti da sempre negli oli provenienti da coltivazioni con metodo “superintensivo”, con 2000 piante /ha contro le nostre 250-300/ha, si sviluppano perché le olive prima della loro lavorazione industriale, vengono ammassate a montagne e li si sviluppano fermentazioni che gli asaggiatori chiamano “riscaldo” e “avvinato”. Sono puzze maleodoranti che disgustano e che i regolamenti non permettono in un extra vergine e allora serve una potente deodorazione. Perché stracciarsi le vesti se l’Europa si accorge, seppur tardivamente di un errore e tenta di rimediarvi ? Questo sussulto, seppur nato dallo scoppio di una valvola di troppo pieno, è stato un atto sociale ampio e meritevole che approvo e che spero sia da esempio ad un prossimo che qui sotto voglio suggerire gridandolo.
POLIFENPLI E CULTIVAR IN ETICHETTA
L’ipocrisia è la malattia contagiosa del nostro secolo, dappertutto
si vuole sicurezza alimentare, informazione completa, chiarezza in
etichetta, ma poi, quando basterebbero pochi accorgimenti, facciamo come
le corna delle lumache, ci ritraiamo dalle nostre responsabilità e
guardiamo solo il giardinetto dove poter masticare quel filo d’erba. Ci
basta il rischio di perdere un solo filo d’erba e non guardiamo al prato
intero che va in malora. Per sapere se quell’olio è italiano, se stiamo
dando ai nostri figli gli antiossidanti che allungano la vita e
tagliano il cancro, basterebbe che la legge obbligasse a dichiarare da
che cultivar è fatto quell’olio e quanti polifenoli contiene. Punto !
Una impresa impossibile ? Ma il vino la fa già da secoli e nonè moro
nessuno! Sangiovese e 13°, o Chardonnay e 12,5°. Beh a dire il vero
qualcuno nel settore vinicolo è scomparso per sempre, ma erano ladri
colti con le mani nella marmellata. Basta volerlo ma se la risposta è no
perché poi come si fa a vendere l’oliaccio beh allora … andate tutti a
festeggiare il 100° compleanno dell’extra vergine.
PERCHE’ MONOCULTIVAR IN ETICHETTA
Nel mondo crescono 1628 cultivar dell’Olea Europaea e ogni continente,
nazione, regione ha le sue. Se in etichetta c’è scritto Picual è
statisticamente certo che quell’olio provenga dall’Andalusia spagnola,
dove se ne allevano 2,5 milioni di ettari. Se c’è scritto Taggiasca è
ligure, se c’è scritto koroneiki è greco. Quindi il dichiarare in
etichetta la cultivar con cui è fatto l’olio dà, se non altro, un’idea
dell’origine del prodotto e consente una scelta più consapevole. Certo
il trucchetto di vendere olio straniero con marchio italiano
scricchiolerebbe ed è per questo che ci sono grandi resistenze a questa
mia proposta. Ma ci arriveremo, ne sono sicuro.
PERCHE’ I POLIFENOLI IN ETICHETTA
Il valore dell’olio delle olive per troppo tempo è stato individuato solo nel fatto che questo condimento fosse
costituito da benefici grassi monoinsaturi per il 70-80%, quei grassi
che aumentano il colesterolo HDL definito anche lo spazzino delle
arterie. Invece il vero tesoro dell’olio delle olive sono i POLIFENOLI potentissimi
“farmaci” naturali che se assunti regolarmente in 200 mg/die allungano
la vita e tagliano decisamente le manifestazione del cancro a tutti i
livelli.Ma ci rendiamo conto di che “piccolo” particolare alimentare ci
siamo dimenticati, ignorando di mettere i polifenoli dell’olio in
etichetta ? E ci rendiamo conto che questo è stato fatto deliberatamente per
facilitare la vendita di oliacci, senza alcuna utilità alimentare e
salutare ? Anzi, posso affermare per esperienza che, la legge punisce
chi dichiara i polifenoli in etichetta per “concorrenza sleale”. Si
avete letto bene. E’ chiaro che qualcosa va cambiato, anzi molto, siamo
davvero stufi. Polifenoli in etichetta daranno il vero valore dell’olio e
quindi del prezzo. Chi vorrà spendere meno lo potrà fare, sapendo che
acquista un prodotto di minore qualità e chi vorrà l’eccellenza cercherà
oli con 400 mg/kg di polifenoli totali in su.Il valore alto dei
polifenoli totali è certezza di olive sane, lavorate con cura da
frantoiani che hanno studiato le fermentazioni, con impianti
all’avanguardia che costano come un appartamento al centro di Milano e
dove niente è lasciato al caso, nemmeno una foglia di ulivo prende la
strada sbagliata.
CONSUMARSI PREFRIBILMENTE PRIMA DEL…
Questa frase, con i polifenoli in etichetta avrebbe un senso, cosa
che oggi non ha. Infatti la data che oggi segue la frase sopra è
successiva di 18 mesi all’imbottigliamento dell’olio e non alla data di
produzione. Quell’olio potrebbe essere stato prodotto 5 anni fa ed
essere stato imbottigliato oggi che per ancora 18 mesi potrebbe essere
consumato legalmente, legalmente si, ma sarebbe davvero una porcheria.
Mi spiego: se quell’olio è povero di polifenoli (60-80 mg/kg) dopo 2-3
mesi potrebbe essere già rancido, quindi non più extra vergine, che per
legge significa “senza difetti”, e
con scaro valore salutare, mentre uno che ne abbia 500 mg/kg resterà
perfetto anche dopo 36 mesi e arà un’attività antiossidante ancora
potentissima. Questo se da un lato obbligherebbe i produttori a fare
sempre meglio, darebbe ancora una volta senso al prezzo. Pago realmente
per quello che ho e che ho scelto liberamente.
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Coraggio Europa !
Gino Celletti