mercoledì 7 marzo 2012

Olio e olivi risorsa per il turismo? Gli esempi ci sono …ma ci vuole testa.

Amici molisani hanno avuto una bellissima idea: “Extrascape”. Si tratta di un concorso internazionale che premia i migliori oli, a patto però che provengano da oliveti esteticamente rilevanti, condotti con criteri sostenibili, gestiti con l’etica delle buone pratiche ambientali e agricole. Non si premia più una tecnica estrattiva seppur magistrale ma un territorio, il risultato dell’intervento umano sull’ambiente la bellezza di un comportamento, la poesia di sentimenti agresti vissuti in silenzio, che avevano come specchio solo olivi, zolle e cielo. E di questa bellezza che l’Italia è ricca, è di questo che gli stranieri si innamorano e di questo che noi non ci siamo mai accorti abbastanza da scommetterci su il nostro futuro. Forse ci abbiamo fatto l’abitudine, ma non è un buon motivo per non trarne risorse per noi e per i nostri figli. Sul territorio italiano crescono 628 varietà di olivi (cultivar), il 40 % di tutte le varietà esistenti sul nostro pianeta e sono tutte diverse, per il portamento arboreo, la forma delle foglie e delle olive e sono diversi i loro oli che hanno profumi caratteristici e tipici di pomodoro, carciofo, mandorla, sedano, ecc. Chi ha fatto qualche incursione vacanziera in territorio francese sa che lì ogni cittadina, paesotto,  contrada fa a gara per caratterizzare e vantare la propria produzione. Per restare nel mondo oleicolo, a sud della Francia, nel dipartimento della Drôme, regione del Rodano-Alpi, c’è un paesotto di 7000 anime, Nyons, dove cresce la cultivar “Tanche”. Le sue olive da secoli vengono lasciate annerire in sacchi e dopo che sono stramature e scolano nero, a marzo, vengono frante. All’assaggio si evidenzia un deciso difetto  “riscaldo”, che a qualcuno, dotato di smisurata fantasia, ricorda il “mirtillo”. Questo è un olio difettato senza mezzi termini, che mai più potrebbe fregiarsi della classificazione di legge di Extra Vergine, secondo il CE 640/08, valido anche in Francia, ma i Francesi di quella zona, in virtù della storia, della richiesta di quest’olio sul mercato da ormai più di un secolo, su cui ogni anno imperniano la loro sagra paesana e della loro insistenza, convinta e battagliera, sono riusciti ad ottenere dall’UE, l’Appellation Vierge. Avevano insistito per ottenere addirittura la classifica di “Vierge Extra” ma la UE ha concesso solo “vergine”. Assaggiando più campioni, in certi casi il difetto è così marcato da meritare la classifica di olio “vergine lampante” e quindi non commerciabile. In Francia però si dice (e si fa)  à la guerre comme à la guerre. Questo è un esempio di come si valorizza il territorio, ci si batte fino alla fine. La Francia produce solo 4.000 tonnellate di olio l’anno mentre l’Italia ne produce 450.000. Ecco, pure con un decimo di produzione i Francesi hanno preteso ed ottenuto il riconoscimento di un olio “difettato” come una specialità locale. Oggi c’è anche chi fa l’Extra Vergine ma intanto il mercato è stato creato e mantenuto. Tanto per capire quanto vale questo mercato si vende 250 ml di olio di Nyon tra i € 7 e € 10,oo, una crema esfoliante con olio di Nyon da 200 ml costa € 22,oo e il Buro d’Oliva di Nyion da 150 ml costa € 32 .oo. Non male vero e questo paesotto è pieno di Resort, Recidence e Spa per la cura di bellazza tutta a base di olio di Nyon. Lo so questi esempi fanno male, ma noi Italiani abbiamo la pelle dura è non soffriremo più di tanto a leggere questi  esempi. Occorre cambiare prospettiva di osservazione, occorre riconsiderare le nostre realtà non come acquisite, ma come un dono, che ogni mattina ci troviamo quando apriamo gli occhi. Ci vuole un’altra testa, se non vogliamo quella che ci mandano dalla BCE… o da Pechino, a metterci giudizio.     
Gino Celletti

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